05 settembre 2024

Da Ditta Individuale a Società: si configura una cessione d'azienda

Nel momento in cui un imprenditore individuale decide di conferire la propria azienda in una società di capitali o in una società di persone, delle quali, in conseguenza del conferimento, diventa socio, si verificano importanti conseguenze sia dal punto di vista civilistico sia dal punto di vista fiscale nell’ottica dello stesso imprenditore individuale che ha conferito l’azienda.

Dal punto di vista civilistico, la questione assume rilevanza in relazione ai rapporti antecedenti al conferimento in società. Difatti, si verifica:

·         una cessione d’azienda della ditta individuale alla società, secondo quanto previsto dall’articolo 2560 del Codice civile, se “l'alienante non è liberato dai debiti, inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito”;

·         una trasformazione dalla ditta individuale alla società, secondo l’articolo 2500-quinquies del Codice civile, il quale prevede che “la trasformazione non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni sociali sorte prima degli adempimenti previsti dal terzo comma dell'articolo 2500, se non risulta che i creditori sociali hanno dato il loro consenso alla trasformazione. Il consenso si presume se i creditori, ai quali la deliberazione di trasformazione sia stata comunicata per raccomandata o con altri mezzi che garantiscano la prova dell'avvenuto ricevimento, non lo hanno espressamente negato nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione”.

Sembrerebbe che il corretto inquadramento della situazione dipenda dai rapporti con i creditori, e che da ciò discenda il conseguente trattamento fiscale. Tuttavia, poiché il fatto che il conferimento di una ditta individuale in una società debba considerarsi cessione d’azienda o trasformazione non è una questione che è stata esplicitamente affrontata dal legislatore, occorre ricorrere alle interpretazioni giurisprudenziali e, in particolare, all’ordinanza n. 5088/2024 della Corte di Cassazione.

In tale circostanza, la Corte precisa che la ditta individuale configura una forma d’esercizio dell’attività d’impresa che non può assumere una autonomia rispetto all’imprenditore che l’esercita in quanto la persona fisica è anche imprenditore, per cui non esiste nessuna forma, perfetta o imperfetta, di autonomia patrimoniale tra la persona e l’impresa, che sono coincidenti. Per tale ragione, è da escludere il fatto che il conferimento di una ditta individuale in una società consista in una trasformazione, in quanto questo concetto presuppone l’esistenza di un ente che abbia una natura autonoma rispetto alla persona fisica.

Una situazione di questo tipo costituisce, dunque, un conferimento di beni dell’imprenditore e da lui organizzati per lo svolgimento di una attività d’impresa in un distinto soggetto giuridico: secondo quanto detto, il corretto inquadramento civilistico sembrerebbe essere quello della cessione d’azienda.

Ad avvalorare la presente teoria è l’articolo 2498 del Codice Civile, il quale, approfondendo la continuazione dei rapporti giuridici in caso di trasformazione per tale fattispecie, individua nell’ente il soggetto giuridico della trasformazione. L’ente, in questa situazione, costituisce quel soggetto autonomo dalla persona fisica che in caso di ditta individuale, come precisato, manca. Pertanto, sarebbe da escludere la possibilità di una trasformazione nella situazione esaminata.

Se, dunque, dal punto di vista civilistico, il conferimento di una ditta individuale in una società è considerato una cessione d’azienda, il trattamento fiscale da applicare ne è una diretta conseguenza.

Fiscalmente, un’operazione di questo tipo costituisce una cessione a titolo oneroso di un complesso di beni organizzati in forma d’azienda, ex articolo 8 comma 5 del TUIR e, dal punto di vista tributario, il regime naturale applicabile è quello del conferimento neutrale ex articolo 176 del TUIR, in base al quale l’operazione non realizza né plusvalenze né minusvalenze, purché il soggetto conferente assuma “quale valore delle partecipazioni ricevute, l'ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell'azienda conferita”, e il soggetto conferitario sia una società di capitali o un altro ente commerciale residente nel territorio dello stato.

Talvolta, il conferimento neutrale può comportare una sottostima del valore del conferimento, con conseguenze sia in termini di valore della quota che in termini dei valori di iscrizione in bilancio.

In alternativa, su opzione al momento del conferimento, è possibile applicare il regime ordinario, il quale prevede la rilevazione e la tassazione di plusvalenze e minusvalenze in capo all’imprenditore individuale che conferisce, e la conseguente possibilità, per la società, di attribuire valore fiscale ai maggiori valori dei beni ricevuti mediante il conferimento.

FiscalFocus - Elena Traini