Con la sentenza n. 112 del 2025, la Corte Costituzionale ha fatto chiarezza su una questione che ha creato diversi disagi a tante famiglie: non serve più che marito e moglie vivano nella stessa casa per avere diritto all'esenzione sulla prima casa. Questo principio, già applicato all'IMU dal 2022, si estende ora anche alla vecchia ICI, chiudendo contenziosi aperti da anni e garantendo equità di trattamento.
Cosa significa "abitazione principale" adesso
La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima una parte fondamentale della normativa sull'ICI, precisamente l'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 504 del 1992. Il problema riguardava la definizione di abitazione principale, che includeva il requisito della dimora abituale non solo del proprietario, ma anche dei suoi familiari.
Con la sentenza n. 112/2025, la Consulta rimuove il riferimento ai familiari, stabilendo che l'abitazione principale è semplicemente quella in cui il contribuente proprietario dimora abitualmente e ha la residenza anagrafica. Non conta più se il resto della famiglia vive altrove: quello che conta è il legame con quell'immobile.
In sintesi:
prima della sentenza, sia per l’ICI (art. 8, co. 2, D.Lgs. 504/1992), sia per l’IMU (art. 13, co. 2, DL 201/2011 e art. 1, co. 741 b), L. 160/2019) era richiesta la dimora abituale e la residenza anagrafica non solo del possessore, ma anche dei suoi “familiari”;
dopo la sentenza n. 112/2025 (ICI) e richiamo della sent. 209/2022 (IMU) diventa sufficiente che l’immobile sia la dimora abituale e la residenza anagrafica del solo titolare (proprietario, usufruttuario o altro diritto reale) e si elimina il vincolo della “convivenza familiare” nello stesso immobile.
Perché parliamo ancora di ICI se c'è l'IMU
Molti contribuenti si chiederanno perché questa questione riguardi ancora l'ICI, un'imposta che è stata sostituita dall'IMU ormai da anni. La risposta sta nella gestione dei contenziosi pendenti relativi al periodo in cui l'ICI era in vigore.
Nel 2022, la Corte Costituzionale aveva già dichiarato illegittimo lo stesso vincolp nella disciplina IMU. Quella pronuncia aveva corretto l'articolo 13 del decreto legge 201 del 2011, eliminando anche per l'imposta municipale il requisito della dimora dei familiari. Da quel momento, ogni coniuge può avere l'esenzione sulla propria casa.
Il problema? La vecchia norma sull'ICI era rimasta invariata. Risultato: due imposte sulla casa, ma con regole diverse per la stessa situazione. Questa contraddizione ha alimentato per anni controversie con i Comuni, che spesso negavano i rimborsi ICI citando la vecchia legge.
La sentenza n. 112/2025 ha risolto definitivamente questa contraddizione, uniformando le regole e garantendo che il principio della doppia esenzione valga retroattivamente anche per i periodi in cui era applicata l'ICI.
Quali famiglie vengono tutelate
La decisione della Corte risponde a esigenze reali di molte famiglie italiane, ma i casi concreti che hanno portato alla pronuncia riguardavano proprio coniugi che abitavano in immobili diversi per motivi di lavoro o per assistere genitori anziani. I rispettivi Comuni avevano negato l'esenzione, sostenendo che l'abitazione principale dovesse essere la dimora dell'intero nucleo familiare.
In tutti questi casi, esigere che entrambi i coniugi vivessero nello stesso immobile per godere dei benefici fiscali rappresentava un obbligo irragionevole e discriminatorio. La Corte ha riconosciuto che le persone unite in matrimonio possono concordare di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente.
I principi costituzionali alla base della decisione
La Consulta ha fondato la propria decisione su solide basi costituzionali. In primo luogo, ha rilevato la violazione del principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione. Richiedere la dimora abituale dei familiari creava infatti una disparità di trattamento ingiustificata tra contribuenti in situazioni analoghe.
Inoltre, sia l'ICI sia l'IMU sono imposte di natura reale, non personale: “colpiscono” cioè il possesso dell'immobile, non la capacità reddituale del contribuente. Di conseguenza, è logico che contino elementi oggettivi legati all'immobile stesso, come la residenza anagrafica e la dimora abituale del proprietario, ma risultano irrilevanti aspetti soggettivi come la convivenza con i familiari.
La Corte ha evidenziato anche la violazione degli articoli 29 e 31 della Costituzione, che tutelano la famiglia e il matrimonio. Il paradosso è che la vecchia normativa discriminava proprio i contribuenti coniugati che, anche avendo un legame familiare solido, non convivevano fisicamente.
Conseguenze per contribuenti con contenziosi aperti
Chi ha contenziosi pendenti con i Comuni relativi all'ICI, possono ora far valere il proprio diritto e chiedere eventuali rimborsi per gli anni in cui l'imposta è stata versata ingiustamente.
Non può essere fatta valere nei “rapporti esauriti”, cioè:
- se il contribuente non ha impugnato in tempo l’avviso di accertamento;
- se il giudizio si è concluso con sentenza passata in giudicato.
Per quanto riguarda l'IMU, il principio era già consolidato dal 2022, quindi i contribuenti che attualmente si trovano nella situazione di coniugi con residenze separate possono applicare l'esenzione su entrambi gli immobili purché ciascuno costituisca effettiva dimora abituale e residenza anagrafica del rispettivo proprietario.
Esempio
Il coniuge A lavora a Milano e lì ha residenza anagrafica e dimora abituale; il coniuge B vive a Napoli per assistere un familiare e vi ha fissato residenza e dimora.
Dal 2022 entrambi non pagano l’IMU sulle rispettive abitazioni principali.
Con la sentenza 112/2025, se per alcuni anni d’imposta ICI ancora oggetto di contenzioso entrambi avevano versato l’imposta, possono ottenere il ricalcolo o il rimborso, perché non è più richiesto che i coniugi convivano nella stessa casa.
Chiara Aiello - Fiscalfocus