19 settembre 2025

Evasione fiscale: false fatture, IBAN virtuali e crediti gonfiati. Ecco il nuovo business del riciclaggio.

Dal boom degli IBAN virtuali alle false fatturazioni, fino ai crediti d’imposta usati come bancomat. Il Rapporto UIF svela come l’economia sommersa stia diventando sempre più tecnologica e difficile da tracciare

Con questo secondo contributo editoriale, si prosegue la disamina del Rapporto annuale UIF sull’anno 2024. Diverse sono le tematiche affrontate nel documento in rassegna e, tra le tante, un ampio approfondimento viene dedicato anche alle strette interrelazioni tra il riciclaggio e l’evasione fiscale.

Il 2024 vede le segnalazioni di operazioni sospette relative a illeciti fiscali rappresentare oltre il 20% del flusso segnaletico complessivo, confermando la rilevanza del fenomeno. Il panorama criminale ha visto una sofisticazione sempre maggiore delle tecniche utilizzate per unire questi due reati.

L'analisi condotta dall’UIF si concentra, in particolar modo, sulla rilevanza, nell’anno in esame, di condotte criminogene emergenti e strettamente interconnesse come le frodi nelle fatturazioni, l'utilizzo di IBAN virtuali e le cessioni dei crediti d'imposta.

Frodi nelle fatturazioni

Una delle tecniche più classiche e diffuse per l'evasione fiscale, che spesso funge da primo passo per il riciclaggio, è la frode nelle fatturazioni. Questa pratica illecita si manifesta in diverse forme ma la più comune è l'emissione di fatture per operazioni inesistenti. In linea generale, la frode nelle fatturazioni è uno dei reati tributari più diffusi e rappresenta la porta d'ingresso per le successive attività di riciclaggio; l'obiettivo primario non è solo evadere l'IVA o le imposte dirette ma anche produrre un volume di denaro contante apparentemente pulito che può essere reintrodotto nel circuito economico legale.

Gli schemi criminali basati sulle false fatturazioni non sono mai un'operazione solitaria, ma richiedono la collaborazione di diversi attori, spesso in una rete strutturata e complessa. Nel 2024, le indagini hanno confermato l'esistenza di vere e proprie imprese criminali che vedono coinvolti: i) società utilizzatrici, quale soggetto che riceve una fattura per un'operazione inesistente e la contabilizza come un costo, andando a ridurre il proprio reddito imponibile e detraendo un’ IVA che non è mai stata versata; ii) società cartiera, creata appositamente per emettere fatture false e che, dopo aver incassato il denaro dall'utilizzatore, lo ritira in contanti e lo restituisce all'azienda cliente, trattenendo generalmente una percentuale a titolo di commissione; iii) l’intermediario, quale figura centrale nella catena criminale ed il cui ruolo viene non di rado svolto da professionisti e consulenti finanziari compiacenti che mettono in contatto la società utilizzatrice con la cartiera, gestiscono la transazione, organizzano la cessione del denaro contante e si assicurano che il sistema funzioni senza intoppi; iv) il riciclatore che si occupa della fase successiva all'evasione, ritirando il denaro in contanti ottenuto dalla cartiera e facendolo rientrare ripulito nel circuito economico legale.

Come evidenziato dall’Unità “Anche nel 2024 la componente più significativa è costituita dalle fattispecie di presunte frodi nelle fatturazioni, che ricorrono in quasi il 40% delle SOS riconducibili all’ambito fiscale, seguite dai giri di fondi fra persone fisiche e giuridiche collegate, presenti nel 37% delle SOS della medesima tipologia”.

Ricorso ad IBAN virtuali

Il sistema bancario tradizionale, con le sue rigide procedure di identificazione, rappresenta un ostacolo per chi vuole riciclare denaro. Per superare questa barriera, i criminali hanno iniziato a sfruttare strumenti finanziari innovativi e meno regolamentati. Uno di questi è l'IBAN virtuale. Un IBAN virtuale è un codice alfanumerico univoco generato da un software; nella generalità dei casi, un conto bancario è collegato ad un singolo IBAN ma, nel caso dell’IBAN virtuale, è possibile avere più codici per un singolo conto. Per un’azienda che deve gestire un certo volume di ricavi, la creazione di codici IBAN multipli che identificano univocamente lo stesso conto, consente di organizzare agevolmente la riconciliazione dei movimenti di cassa, generando più IBAN che verranno assegnati ad ogni fornitore e/o cliente oppure addirittura ad ogni singola fattura. Il ricorso a molteplici codici IBAN facilita la classificazione e la rendicontazione di un elevato numero di pagamenti anche in valute diverse, concentrando la liquidità sul medesimo conto e aiutando in tal modo la gestione.

Venendo ai rischi di riciclaggio, il ricorso ad IBAN virtuali può rendere poco trasparente e difficoltosa l’individuazione dell’effettivo utilizzatore del conto corrente principale, specie quando il cliente richiedente tale servizio sia a sua volta un intermediario autorizzato all’offerta di conti di pagamento o di moneta elettronica. I V-IBAN, nati per scopi commerciali legittimi, sono così diventati uno strumento ideale per attività di natura truffaldina e di riciclaggio in quanto consentono un’elevata frammentazione dei pagamenti, anonimato e favoriscono un mascheramento dell’origine illecita dei proventi oggetto di transazione.

Nel 2024, le indagini hanno mostrato come il ricorso al V-IBAN sia diventato una prassi oramai consolidata; in particolar modo le casistiche di frode ed evasione fiscale hanno confermato “un esteso sfruttamento dei servizi di IBAN virtuale (v-IBAN) e di correspondent banking, utilizzati come efficienti strumenti dissimulatori in una pluralità di contesti illeciti. L’impiego di tali servizi per finalità di riciclaggio si inserisce nella più recente evoluzione delle tecniche adottate dai circuiti criminali per ostacolare l’identificazione dei destinatari ultimi dei flussi finanziari, a beneficio di centri di interesse occulti. Ai sistemi informali paralleli a quello bancario (c.d. underground banking) tradizionalmente impiegati per il trasferimento di denaro all’estero si stanno progressivamente affiancando modalità operative più complesse che consentono una rapida stratificazione delle transazioni attraverso più giurisdizioni”.

Cessioni di crediti d’imposta

Un'altra frontiera del crimine economico nel 2024 è rappresentata dall'uso fraudolento dei crediti d'imposta anche se le segnalazioni relative alle cessioni di crediti di imposta ex DL 34/2020 (c.d. decreto Rilancio) hanno registrato un ulteriore calo rispetto al 2023, passando da 743 a 619 del 2024.

Con specifico riferimento alle condotte delittuose concernenti il tax credit, si segnala, tra le anomalie più ricorrenti, a titolo esemplificativo e non esaustivo: una generale incoerenza del profilo soggettivo ed economico finanziario del cedente rispetto all’importo del credito ceduto; l’opaca origine e destinazione dei fondi trasferiti; la stipula di plurimi contratti di cessione da parte delle medesime entità; l’utilizzo anomalo degli incassi da cessione tramite operazioni di dubbia finalità; l’interposizione, nell’ambito della catena delle cessioni, di soggetti collegati alle stesse entità cedenti; la presenza di una pluralità di imprese che instaurano molteplici rapporti in successione, anche con il supporto di soggetti terzi che, con ragionevole attendibilità, potrebbero sostanziarsi in dei prestanome; la presenza di imprese cedenti/cessionarie i cui membri della compagine sono di dubbio profilo reputazionale; la presenza di imprese cedenti o accollanti che si caratterizzano frequentemente per un oggetto sociale ampio ed eterogeneo, mentre le imprese cessionarie o accollate operano prevalentemente, anche sotto forma di cooperative consorziate, in settori di attività ad alta intensità di manodopera, con la presenza di elevati debiti erariali e contributivi.

Oltre a quanto riportato, il Rapporto UIF evidenzia la diffusione di “nuovi tentativi di smobilizzo dei crediti, alternativi alle cessioni, ostacolate dai sopravvenuti limiti legali alla trasferibilità dei medesimi. In particolare, sono emerse numerose operazioni di cartolarizzazione proposte per lo più a imprese edili che hanno maturato crediti d’imposta per importi complessivi rilevanti. Ai fini dell’avvio delle operazioni, tali imprese hanno corrisposto ingenti corrispettivi a titolo di consulenze o di copertura delle spese connesse alle cartolarizzazioni a diverse società veicolo, molte delle quali riconducibili ai medesimi nominativi. Le somme sono state utilizzate dalle società veicolo per effettuare bonifici verso rapporti esteri, alcuni dei quali intestati a soggetti italiani che non sembravano svolgere alcun ruolo nelle operazioni di cartolarizzazione e che, pertanto, risultavano meri collettori dei fondi provenienti dai titolari dei crediti d’imposta. Gli approfondimenti hanno, quindi, messo in evidenza una possibile truffa in danno di questi ultimi, considerato che in alcuni casi, a distanza di mesi, le operazioni di cartolarizzazione non si erano concretizzate e che le società veicolo coinvolte erano state cancellate dagli appositi elenchi tenuti dalla Banca d’Italia per finalità statistiche subito dopo le pubblicazioni in Gazzetta Ufficiale degli avvisi relativi a tali operazioni”.

Concludendo, l'analisi delle fenomenologie criminali del 2024, dalla frode nelle fatturazioni all'uso dei V-IBAN e alle frodi sui crediti d'imposta, offre un quadro chiaro in cui il legame tra evasione fiscale e riciclaggio di denaro non è più una semplice sequenza di eventi ma un processo criminale integrato e sempre più sofisticato. Questi delitti non sono reati distinti, ma anelli di una catena che ha come unico obiettivo finale l'appropriazione illecita di denaro, sottraendolo alla collettività e reimmettendolo nel circuito economico in modo non tracciabile.

 

FiscalFocus - Fabiano De Leonardis