L’approssimarsi del periodo natalizio pone a imprese e professionisti questioni circa il trattamento tributario non solamente degli omaggi – sia ai fini reddituali che IVA – bensì anche di un’altra serie di “regalie” che comportano costi. L’individuazione delle regole applicabili non può infatti prescindere dalla chiara suddivisione delle diverse tipologie di spese in cui si incorre anche per le cene di Natale, i voucher e gli altri benefit concessi ai dipendenti.
Partendo dalle cene organizzate in occasione delle festività bisogna sapere che esse non sono considerate cessioni gratuite di beni bensì vere e proprie prestazioni di servizi, che costituiscono generalmente spese di rappresentanza se rivolte anche a clienti, fornitori o soggetti terzi – potendo quindi beneficiare della deduzione parziale prevista dal Tuir.
Le regole principali sono la deducibilità limitata al 75% del costo, come avviene per le spese di vitto e alloggio, l’ulteriore limite del 5 per mille dell’ammontare complessivo delle spese per lavoro dipendente ex art. 100, comma 1 del Tuir, con la deduzione che è però preclusa per le cene riservate ai soli dipendenti, che restano invece integralmente indeducibili (pur potendo assumere rilevanza come costo del personale in altre ipotesi non riconducibili alle spese di rappresentanza).
La circolare n. 34/E del 13/07/2009 ha infatti specificato che rientrano tra le spese di rappresentanza quelle sostenute per eventi aziendali, feste e ricevimenti organizzati in occasione di particolari ricorrenze o eventi religiosi, purché alle stesse non partecipino esclusivamente dipendenti dell’impresa.
Anche l’IVA risulta peraltro indetraibile – trattandosi di costi riferiti al personale – mentre Ai fini IRAP occorre distinguere tra i soggetti che applicano il “metodo di bilancio”, per i quali la spesa è imputabile tra i componenti deducibili, e coloro che utilizzano il “metodo fiscale”, che non ammette invece la deducibilità.
Ci sono poi i voucher, molto diffusi negli ultimi anni, che rappresentano una delle forme più frequenti di omaggio aziendale: si tratta di strumenti che attribuiscono al possessore il diritto a ricevere beni o servizi, senza però indicare in anticipo la natura esatta dell’operazione soggetta a IVA. Per questa ragione rientrano nella nozione di “buoni multiuso”.
Sotto il profilo IVA il trasferimento dei voucher non genera operazioni imponibili, dato che l’imposta si applicherà solo nel momento in cui il buono verrà effettivamente utilizzato per acquistare beni o servizi, e l’operazione resta fuori campo IVA anche quando il datore di lavoro li acquista per poi distribuirli gratuitamente a dipendenti, clienti o fornitori, come confermato dalla prassi (risoluzione n. 21/E del 22/02/2011 e risposta a interpello n. 341 del 05/06/2023).
Ai fini delle imposte dirette i costi sostenuti dal datore di lavoro seguono le regole note per le spese di rappresentanza, mentre per i lavoratori i voucher concorrono alla formazione del reddito solo in caso di superamento dei limiti previsti per i fringe benefit.
Il 2025 presenta soglie particolarmente elevate a tal fine, ossia 1.000 euro per i dipendenti in generale e 2.000 euro per chi ha figli a carico, dovendosi considerare nel computo non solamente i voucher ma anche l’insieme dei benefit riconosciuti (utenze domestiche, locazioni, mutui per abitazione principale eccetera). Attenzione al fatto che, se il valore dei benefit complessivamente percepiti supera i limiti di cui sopra, l’intera somma diventa imponibile a fini IRPEF e contributivi.
Dal lato previdenziale, i voucher seguono le regole dell’art. 51 del Tuir, che prevede l’intera esenzione entro il plafond dei fringe benefit, mentre diventano integralmente soggetti a contribuzione se tale soglia viene oltrepassata. Da ricordare in ogni caso una delle più significative novità normative riguarda l’obbligo di utilizzare metodi di pagamento tracciabili per usufruire della deducibilità delle spese di rappresentanza. Ne consegue che:
• qualsiasi omaggio pagato in contanti non può essere dedotto, anche se rispetta tutte le altre condizioni di legge;
• la tracciabilità incide sia sulle imposte dirette che sull’IRAP;
• la documentazione deve consentire di identificare con chiarezza il soggetto che sostiene la spesa e quello che la incassa.
Questo nuovo requisito ha un impatto rilevante soprattutto per i piccoli omaggi e le spese minute, che spesso vengono sostenute in forma non tracciata.
Redazione Fiscalfocus