Ci si riferisce in particolare a una holding statica, che svolge una funzione di «cassaforte di famiglia» per detenere e gestire unitariamente le partecipazioni nelle società operative. Nelle strutture più complesse, la holding di famiglia può detenere una partecipazione in una holding industriale (che accentra determinate funzioni aziendali o svolge attività a favore delle società del gruppo, come, ad esempio, quella di amministrazione e finanza), la quale a sua volta detiene le partecipazioni nelle varie società operative (italiane ed estere).
Benefici fiscali e dividendi
La costituzione di una società holding da parte dei soggetti che detengono partecipazioni nelle società di famiglia è agevolata dalle disposizioni tributarie favorevoli previste dall’articolo 177, Tuir (si veda Il Sole 24 Ore del 3 novembre).
Un’altra variabile da considerare a livello fiscale è ovviamente la normativa in arrivo con il Ddl di Bilancio – ora al Senato – che dovrebbe introdurre dal 2026 un prelievo più pesante per i dividendi percepiti da società e relativi a partecipazioni sotto una certa soglia e/o sotto un certo ammontare. Il testo iniziale del Ddl prevede una quota del 10%, ma è destinato a essere emendato e occorrerà attendere il testo definitivo per una valutazione compiuta. Questo aspetto andrà valutato sia con riferimento alla distribuzione dei dividendi da parte della holding a una società che ne detiene le quote, sia con riferimento agli investimenti in partecipazioni effettuati dalla holding.
I vantaggi extra-tributari
Ma quali sono in concreto i vantaggi di carattere non tributario della costituzione di una holding?
In primo luogo, se sorgono dissidi all’interno della famiglia, questi si manifestano al livello della holding e non coinvolgono direttamente le società operative, proprio perché i membri della famiglia non vi partecipano. In particolare, essi perdono il diritto di esercitare singolarmente le azioni societarie che potrebbero avere un impatto significativo sull’impresa. Si pensi, ad esempio alla possibilità di:
· esercitare i diritti di informazione e controllo nelle Srl (articolo 2476 del Codice civile);
· impugnare le delibere assembleari o consiliari (articoli 2377 e 2388);
· proporre l’azione di responsabilità contro gli amministratori ed eventualmente ottenerne la revoca (articoli 2393, 2393-bis e 2476);
· denunciare al tribunale gravi irregolarità degli amministratori, chiedendone la revoca e la nomina di un amministratore giudiziario (articolo 2409 ancora del Codice civile).
In secondo luogo, la costituzione di una holding di famiglia giova ad assicurare la gestione unitaria delle partecipazioni facenti capo a un dato nucleo o ramo familiare e risulta di particolare importanza nel caso di partecipazioni di controllo, perché salvaguarda l’operatività delle società controllate e il valore del gruppo, obiettivo al quale deve tendere, appunto, la corretta amministrazione della holding. La stabilità del controllo, inoltre, dà un indubbio beneficio alla famiglia nell’ipotesi di operazioni straordinarie (vendita a terzi, entrata di un fondo di private equity, quotazione in borsa delle società operative o della holding industriale), anche perché il mercato apprezza il fatto di avere come unico interlocutore la holding di famiglia, anziché i singoli membri della famiglia stessa.
In questa prospettiva, assumono particolare importanza l’assetto proprietario e la struttura di governance della holding. Si pensi, da un verso, alla disciplina statutaria della circolazione delle partecipazioni e alle relative clausole limitative (divieti di trasferimento, prelazione, gradimento eccetera); dall’altro, alle regole sulla composizione degli organi sociali. Un modello frequentemente adottato è quello in cui il consiglio di amministrazione della holding di famiglia è costituito in prevalenza dai membri della famiglia o esponenti di ciascun gruppo familiare, che si riuniscono per approvare il progetto di bilancio, esaminare l’andamento del gruppo e adottare le decisioni strategiche (ad esempio, la cessione delle società operative o l’esercizio del diritto di voto nell’assemblea delle stesse su materie fondamentali), mentre il Cda delle società operative è composto da familiari o manager impegnati nella gestione dell’impresa.
La pianificazione del passaggio
Il conferimento delle partecipazioni nella holding consente anche di organizzare meglio il passaggio generazionale, senza dover agire sulle singole società del gruppo.
Infatti, con la predisposizione di un testamento o con donazioni graduali effettuate in vita, le partecipazioni nella holding possono essere destinate in misura diversa ai vari eredi. A ciò si aggiunga che la redazione di un testamento consente di destinare liberamente una parte del patrimonio del de cuius (la quota disponibile), favorendo un passaggio generazionale più ordinato e razionale nel controllo dell’impresa.
In ogni caso, la decisione di destinare le partecipazioni nella holding di famiglia in misura diversa agli eredi va valutata con attenzione. Infatti, ai fini del calcolo della quota di legittima, le partecipazioni in società non quotate vanno valutate, a differenza di quanto avviene per il calcolo dell’imposta di successione, al valore di mercato (e non al patrimonio netto contabile) alla data di apertura della successione. Inoltre, sempre ai fini della legittima, le donazioni di partecipazioni non quotate effettuate in vita dal de cuius devono essere ricomprese nell’attivo ereditario. Entrambe queste fattispecie comportano problemi valutativi di non poco conto.
Fabrizio Guerrera Francesco Nobili - Il Sole 24Ore