23 maggio 2025

Il contribuente deve sempre vigilare sulla dichirazione del commercialista

In caso contrario è sancita la responsabilità anche del cittadino

Il contribuente non assolve agli obblighi tributari con il mero affidamento a un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle entrate. Il cittadino, infatti, è sempre tenuto a vigilare, affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto, cosicché la sua responsabilità è esclusa solo se viene provato un comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento. Lo chiarisce la Cassazione con l’ordinanza n. 13358/25.

La vicenda

Ciò posto, nel caso de quo, la commissione tributaria regionale si è attenuta agli enunciati principi, in quanto ha accertato, con una verifica in fatto non censurabile in sede di legittimità, che il contribuente non aveva dimostrato, in concreto, la condotta fraudolenta del commercialista, al di là della denuncia penale operata nei suoi confronti e che, dunque, non aveva indicato elementi concreti da cui desumere che il comportamento del professionista fosse stato fraudolento e idoneo a impedire alla società contribuente di vigilare sulla corretta esecuzione dell’incarico.

Il verdetto della Cassazione

La Cassazione in base a quanto affermato dai giudici di secondo grado ha precisato che il contribuente che si avvale dell’opera di un professionista per la presentazione della dichiarazione, è sempre tenuto a un’attività di vigilanza e di controllo sull’operato di quest’ultimo, ed è il contribuente che è onerato della prova della propria assenza di colpa, per cui egli è chiamato a rispondere per l’illecito commesso dal professionista incaricato, ove non dimostri, come è avvenuto nel caso in esame, di avere vigilato sul professionista.

Irrilevante la sentenza penale

Infine non può assumere rilevanza la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario emessa, con la formula «perché il fatto non sussiste», dal tribunale poiché, anche se i fatti accertati in sede penale erano gli stessi alla base dell’accertamento nei confronti del contribuente, tale sentenza poteva, al più, avere rilevanza come fonte di prova.

Giampaolo Piagnerelli - Il Sole 24Ore