Potrebbe dar luogo a una violazione del c.d. divieto di immistione.
È da tempo controversa, sia in dottrina che in giurisprudenza, la sussistenza del diritto di approvazione del bilancio in capo al socio accomandante della sas.
In tale “tipo” societario, l’amministrazione è riservata ai soli accomandatari, mentre è esclusa, salvo alcune specifiche eccezioni, per gli accomandanti. Nello specifico, è l’art. 2320 comma 1 c.c. che disciplina i doveri dei soci accomandanti, vietando loro di compiere atti di amministrazione e di trattare o concludere affari in nome della società (salvo che siano muniti di una procura speciale per singoli affari), pena la perdita del beneficio della “responsabilità limitata”.
Il terzo comma della norma citata, poi, contempera tale divieto con il diritto dei soci accomandanti di ricevere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, nonché di controllarne l’esattezza mediante la consultazione dei libri e degli altri documenti della società.
I dubbi in ordine alla sussistenza del diritto dei soci accomandanti di approvare il bilancio sono sorti proprio in considerazione delle disposizioni sopra ricordate e hanno dato origine a due opposti orientamenti.
In dottrina prevale l’opinione affermativa; si osserva, infatti, che l’art. 2321 c.c., facendo riferimento al bilancio “regolarmente approvato”, pare riferirsi alla partecipazione, in tale ambito, di tutti i soci, non essendo ammissibile che l’approvazione sia data dagli stessi amministratori. Si esclude, inoltre, che l’atto in questione costituisca una violazione del c.d. divieto d’immistione, in quanto esso attiene, non all’esercizio, ma al controllo della gestione. Non potrebbe sostenersi, infatti, che approvare a posteriori un bilancio, accertando, a consuntivo, i risultati dell’amministrazione altrui, significhi compiere atti gestori, concorrendo nella quotidianità alla funzione amministrativa. Tale ultima osservazione è stata condivisa, in tempi risalenti, anche dalla Suprema Corte, che ha, peraltro, precisato come l’approvazione del bilancio costituirebbe prerogativa che “dalla legge è normalmente riservata proprio a coloro che sono esclusi dalla cura di affari al cui andamento sono tuttavia interessati” (così Cass. n. 6410/96).
Sul fronte opposto si pone chi ritiene che il diritto di approvare il bilancio sia precluso ai soci accomandanti, in quanto si tradurrebbe in una illegittima ingerenza nell’attività amministrativa. Inoltre, si osserva, se gli accomandanti avessero il diritto di approvare il bilancio, sarebbe stato superfluo riconoscere loro il diritto di averne comunicazione annuale.
Questo orientamento è stato sostenuto, anche di recente, da una cospicua parte della giurisprudenza (cfr. Trib. Roma 13 febbraio 2018, Cass. n. 25864/2014, App. Milano n. 953/2012, Trib. Milano 27 gennaio 2011, App. Napoli 17 settembre 2009 e Cass. n. 1240/96), secondo cui l’approvazione del bilancio compete “istituzionalmente” ai soli soci accomandatari, trattandosi di un vero e proprio atto di disposizione del patrimonio sociale e, quindi, di un atto di gestione nel quale i soci accomandanti non possono ingerirsi. Da tale premessa, parte della giurisprudenza ha fatto discendere l’ulteriore conseguenza secondo cui, in presenza di un solo socio accomandatario, il momento di approvazione del bilancio coinciderebbe con la sua “presentazione”, ossia con la mera elaborazione contabile alla scadenza annuale (così App. Milano n. 953/2012 e Cass. n. 1240/96). I diritti dei soci accomandanti sarebbero, per contro, limitati all’impugnazione (in caso di vizi) del bilancio approvato, una volta ricevutane la comunicazione prevista dall’art. 2320 comma 3 c.c.
Di recente, la Cassazione è tornata ad occuparsi della questione stabilendo, nell’ordinanza n. 26071/2022, che la comunicazione del bilancio ai soci accomandanti costituisce un obbligo dell’amministratore (accomandatario) che prescinde da una preventiva richiesta da parte dell’accomandante e che tale comunicazione è necessitata dall’esigenza di:
- consentire all’accomandante l’esercizio del potere di controllo e di critica sull’operato dell’accomandatario;
- poter ritenere “consolidato” l’esercizio in assenza di impugnazione del bilancio da parte dell’accomandante.
Nell’ordinanza in considerazione, la Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito nella parte in cui aveva statuito che, in presenza di un solo accomandatario ed anche in mancanza di una comunicazione del bilancio all’accomandante, il momento dell’approvazione coinciderebbe con quello della “presentazione” (sempre intesa quale semplice elaborazione contabile alla scadenza annuale).
Pur non ammettendo espressamente il diritto del socio accomandante di concorrere, con una espressa manifestazione di volontà, all’approvazione del bilancio – diritto che, al contrario, sembrerebbe implicitamente escluso dalla pronuncia in questione nella misura in cui ritiene imprescindibile la comunicazione del medesimo agli accomandanti da parte degli amministratori – la Cassazione sembrerebbe ritenere comunque necessaria, per poter ritenere “consolidato” l’esercizio, una sorta di “approvazione tacita” del bilancio da parte dei soci accomandanti, costituita dalla sua mancata impugnazione.
Maurizio Meoli e Monica Valinotti -Eutekne