07 novembre 2025

La PEC degli amministratori non è quella della società

Arriva il divieto per via normativa nel decreto sulla sicurezza lavoro. Le Camere di commercio erano orientate a consentire l’utilizzo dello stesso domicilio digitale

La fantasia del legislatore nell’introdurre oneri burocratici sembra non avere limiti. Tra le pieghe del Dl 159/2025 (decreto sicurezza lavoro), già in vigore dal 31 ottobre scorso, si scoprono un paio di disposizioni (articolo 13, commi 3 e 4), che cercano di correggere il tiro su quello che è stato definito come il “balzello” della pec (posta elettronica certificata) degli amministratori introdotta con la legge di bilancio 2025 (si veda «Il Sole 24 Ore» del 1° gennaio 2025). L’effetto è una compressione della libertà degli amministratori nel poter utilizzare la pec della società (obbligo già in vigore dal 2008) come elezione del domicilio digitale speciale per comunicare la propria pec. Sul punto la nuova disposizione introduce addirittura un divieto. Al comma 3 si precisa, infatti, che «il domicilio digitale dei predetti amministratori non può coincidere con il domicilio digitale dell’impresa».

Viene così recepita in legge l’indicazione restrittiva già prevista dalla circolare Mimit del 12 marzo scorso (si veda «Il Sole 24 Ore» del 13 marzo) a fronte di una prassi delle Camere di commercio quasi univocamente orientata, a consentire l’utilizzazione della pec della società per adempiere - senza ulteriori oneri di acquisto e mantenimento - al “balzello” introdotto dalla legge di Bilancio 20205. Ora le cose sono destinate a cambiare a meno di una retromarcia nell’iter di conversione parlamentare. Il punto resta sempre quello già segnalato su queste colonne. A cosa serve la pec degli amministratori ora addirittura diversa da quella delle società? Forse per colpire i trasgressori? Non sembra, visto che tutte le sanzioni in materia fiscale e previdenziale vengono accertate nei confronti della società e non certo dei singoli amministratori. Forse per agevolare il processo civile telematico. Anche qui la causa civile vede come parte la società (che ha già la sua pec dal 2008) e non certo gli amministratori nella loro individualità.

Il legislatore introduce ora specificazioni per un adempimento che andrebbe eliminato perché privo di ratio e vantaggi per le imprese (se non per coloro che le pec le vendono). Introdurre un tale divieto non ha alcun senso se consideriamo che la pubblicazione della pec “personale” degli amministratori equivale alla pubblicazione del domicilio fisico degli amministratori medesimi per il quale nessuno ha mai immaginato di comprimere la libertà degli amministratori medesimi di limitare la pubblicazione del domicilio fisico. Anzi è prassi assolutamente prevalente che il domicilio degli amministratori corrisponda proprio con la sede legale della società.

Mentre, ora, nel mondo digitale il legislatore introduce addirittura un divieto la cui criticità, anche sul piano costituzionale, appare piuttosto evidente. Trattandosi di un decreto legge che dovrà essere convertito entro il 30 dicembre, c’è spazio per eliminare - se non l’interna disposizione - almeno questo divieto che si scontra con la lettura più ampia già consolidata nella prassi applicativa adottata dal sistema camerale che ammette la possibilità di indicare come pec degli amministratori la pec della società.

IlSole24Ore - Maurizio Pirazzini