Il divieto non vale per i forfettari. La franchigia del 30% del reddito concordato, valevole in caso di indicazione di dati Isa errati, ai fini della decadenza dall’istituto, opera anche per le dichiarazioni integrative trasmesse dopo l’accesso al concordato. La circolare 18/E/2024 delle Entrate (si veda anche Il Sole 24 Ore di ieri) contiene alcune interpretazioni estensive rispetto alla norma volte a migliorare l’appeal dell’istituto.
In base all’articolo 22 del Dlgs n. 13/2024 è causa di decadenza dal concordato l’accertamento di maggiori componenti positive o di minori componenti negative per un importo maggiore del 30% dei ricavi dichiarati. Occorre ricordare che l’adesione al regime non determina alcuna preclusione in ordine all’esercizio dei poteri istruttori (accessi, ispezioni e verifiche o invio di questionari). Va inoltre rilevato che, in forza dell’articolo 19 del Dlgs 13/2024, i contribuenti in concordato possono fruire dei vantaggi previsti dalla normativa sugli Isa, tra cui la preclusione dagli accertamenti analitico – induttivi (i più frequenti per questi soggetti). Se si guarda infine l’articolo 34 del medesimo Dlgs, si legge che, negli anni oggetto di adesione, tutti gli accertamenti reddituali sono preclusi, a meno che non si verifichi una causa di decadenza.
Mettendo insieme tutte queste norme, si giunge alla conclusione che, una volta decaduti dal concordato per uno qualsiasi dei motivi previsti dalla legge, si perdono tutti gli aspetti premiali, compresa la copertura dagli accertamenti analitico-induttivi previsti dalla disciplina Isa. Ne dovrebbe ulteriormente conseguire che se viene superata la soglia del 30% dei ricavi dichiarati anche per effetto di una rettifica analitico–induttiva la caducazione del concordato opera comunque.
Secondo la circolare 18/E, invece, la fattispecie relativa alla decadenza da accertamento non può mai verificarsi per effetto di una rettifica analitico-induttiva. Ciò significa che la franchigia del 30% vale solo nei riguardi degli accertamenti analitici (ad esempio, costi non deducibili) o nella ipotesi in gran parte teorica degli accertamenti totalmente induttivi (articolo 39, comma 2, del Dpr 600/1973). In sostanza, gli accertamenti analitico-induttivi non possono essere effettuati per chi aderisce al concordato.
Poiché a tale conclusione l’Agenzia giunge in ragione dell’applicazione dei benefici Isa ai soggetti che fruiscono dell’istituto, e poiché detti vantaggi non valgono per i contribuenti in regime forfettario, deve conseguentemente escludersi che la copertura in esame valga anche nei confronti di questi ultimi. Questa diversità di trattamento potrebbe essere giustificata in termini di contropartita rispetto all’impegno biennale preso dai soggetti Isa a fronte di quello solo annuale assunto dai forfettari.
Va ulteriormente rilevato che la predetta causa di decadenza relativa alle componenti accertate maggiori del 30% dei ricavi dichiarati è riferita sia agli anni oggetto di concordato che a quello precedente l’accesso al regime. Con riferimento a tale ultimo periodo d’imposta, però, i benefici premiali Isa non è affatto detto che operino. Questo comporta che, limitatamente a detta annualità, la decadenza dal concordato ben potrebbe derivare anche da un accertamento analitico-induttivo da cui scaturisca un maggior reddito superiore alla suddetta soglia di legge. In sostanza, mentre la copertura è garantita (dalla circolare, non – per ora – dalla norma) nel biennio del concordato non lo è per l’anno precedente a quello di accesso.
L’altra affermazione rilevante del documento di prassi riguarda la soglia di tolleranza degli errori comunicati dal contribuente con una dichiarazione integrativa trasmessa dopo l’adesione o quando sono indicati in dichiarazione dati non corrispondenti a quelli comunicati ai fini della proposta. Ipotesi quest’ultime che determinano la decadenza dal concordato. La circolare però prende “a prestito” la previsione dell’articolo 22, comma 2, lettera b), del Dlgs 13/2024, in base alla quale, in caso di comunicazione dei dati Isa errati, il concordato viene meno solo se la differenza rispetto al reddito definito supera il 30%. Così, sempre secondo l’Agenzia, anche in caso di dichiarazione integrativa nonché di comunicazione in dichiarazione dei dati errati, la decadenza dal concordato si realizza solo se la differenza rispetto al reddito oggetto della proposta dell’ufficio supera il 30%.
Dario Deotto Luigi Lovecchio - Il Sole 24 Ore