Nel dibattito in corso sulla nuova disciplina dell’iperammortamento 2026 emerge un punto che merita di essere chiarito con precisione, perché riguarda la pianificazione degli investimenti industriali per migliaia di imprese: gli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2026 mantengono pienamente diritto all’agevolazione, anche se l’impegno giuridicamente vincolante – come l’accettazione dell’ordine o il pagamento dell’acconto – è sorto prima del 31 dicembre 2025.
La data rilevante per l’agevolazione
Il testo vigente definisce l’ambito applicativo dell’agevolazione facendo riferimento agli investimenti «effettuati» nel 2026, indicando eventuali estensioni per le consegne successive.
Qui interviene il principio cardine dell’articolo 109 del Tuir: per i beni mobili, il costo si considera sostenuto alla data della consegna o spedizione, a prescindere da quando sia sorto l’impegno contrattuale.
Di conseguenza, la qualificazione dell’investimento come “effettuato” nel 2026 discende unicamente dalla consegna del bene in tale anno (fatte salve alcune condizioni contrattuali che potrebbero differire ulteriormente, posticipandolo, il momento di effettuazione) e non dalla data dell’ordine.
Nessuna disposizione, né nella versione attuale dell’articolo 94 né nelle ipotesi di modifica contenute negli emendamenti all’esame del Parlamento, introduce un requisito che limiti l’accesso agli investimenti avviati per la prima volta solo nel 2026.
La struttura normativa resta quindi pienamente compatibile con la prassi industriale: ordini e acconti anteriori al 2026 non ostacolano la fruizione dell’agevolazione, purché la consegna – e dunque l’effettuazione – ricada nel perimetro temporale previsto.
Questo principio implica un chiarimento di grande rilevanza operativa: potranno accedere alla nuova misura anche gli investimenti già avviati nell’ambito dei precedenti regimi Transizione 4.0 e 5.0, ma non completati entro il 31 dicembre 2025. In tutti questi casi, il fatto che l’impresa avesse già intrapreso il percorso agevolativo in base alle discipline previgenti non preclude in alcun modo l’applicazione dell’iperammortamento 2026, poiché l’agevolazione segue il momento di effettuazione dell’investimento, non la data di adesione o di opzione al precedente incentivo. Ne deriva una piena continuità applicativa, che evita il rischio di “zone grigie” o di investimenti sospesi tra due regimi agevolativi.
Questa continuità interpretativa è fondamentale in un contesto produttivo in cui i cicli di approvvigionamento, le complessità della supply chain e i tempi tecnici di fabbricazione possono richiedere impegni contrattuali molto anticipati.
La revisione degli allegati A e B
Accanto al tema della tempistica, nel dibattito pubblico si sta parlando molto dell’ipotizzato ampliamento del perimetro dei beni ammissibili tramite la revisione degli allegati A e B della legge 232/2016.
Le ipotesi circolate nel confronto parlamentare e nelle analisi tecniche puntano ad aggiornare gli allegati per includere tecnologie emergenti: dall’intelligenza artificiale applicata ai processi produttivi alle infrastrutture di edge computing, dalle soluzioni di cybersecurity ai sistemi energetici intelligenti.
Tuttavia, la concreta possibilità che tali estensioni vengano approvate nella versione attualmente prospettata è tutt’altro che scontata. La manovra si muove infatti entro un perimetro finanziario molto rigido e ogni ampliamento della base dei beni eleggibili comporta, inevitabilmente, un potenziale aumento del costo fiscale della misura.
L’ampliamento dell’allegato A – che includerebbe sistemi Hvac ad alta efficienza, componentistica meccatronica avanzata, infrastrutture 5G industriali, edge computing e tecnologie di visione artificiale – risponde a una logica industriale chiara e si inserisce in una prassi interpretativa già consolidata. Ma l’assenza di coperture dedicate e la pressione sul bilancio rendono plausibile che la versione finale della legge possa risultare più prudente, con una selezione molto più ristretta rispetto all’elenco tecnicamente auspicabile.
L’aggiornamento dell’allegato B che riguarderebbe il perimetro dei software – fino a comprendere Ai generativa, agenti autonomi, MLOps, simulazioni avanzate, metaverso industriale, piattaforme Esg, data spaces e Rpa – fotografa in modo realistico la trasformazione digitale delle imprese. Ma proprio per la vastità di tale perimetro e per il rischio che l’agevolazione si allarghi ben oltre l’ambito operativo originario della disciplina 4.0, è verosimile che il legislatore possa optare per un approccio molto più selettivo, limitandosi a riconoscere solo alcune macro-categorie, rinviando ulteriori estensioni a successivi decreti attuativi o a chiarimenti amministrativi.
Incentivo aggiornato ma non ancora evoluto
L’ampliamento degli allegati, così come circolato, avrebbe il merito di aggiornare il quadro normativo alla realtà tecnologica del 2026. Ma il confronto istituzionale sta mettendo in evidenza due vincoli forti:
la necessità di evitare che la platea agevolabile cresca oltre misura rispetto alle risorse disponibili;
la volontà di concentrare l’incentivo su investimenti che presentino un chiaro nesso funzionale con la trasformazione digitale e con l’efficientamento energetico, evitando interpretazioni troppo permissive.
Per questo, nonostante l’interesse industriale verso un ampliamento strutturale, non è affatto detto che la riscrittura degli allegati A e B approdi in modo completo nel testo finale della legge di Bilancio. È plausibile, invece, che la revisione venga ridimensionata o rinviata a un successivo intervento regolamentare, in attesa di verificare l’impatto finanziario del nuovo iperammortamento.
Il combinato disposto tra l’articolo 109 del Tuir e la formulazione dell’articolo 94 fornisce un messaggio chiaro alle imprese: l’iperammortamento 2026 si applica agli investimenti effettuati il prossimo anno, indipendentemente dalla data dell’ordine.
Parallelamente alla certezza interpretativa sul momento di effettuazione degli investimenti, il possibile aggiornamento degli allegati A e B rappresenta un’opportunità per modernizzare la misura.
Ma allo stato attuale, permangono dubbi consistenti sull’effettivo recepimento delle proposte più ampie, che rischiano di rimanere sul piano delle intenzioni. Il risultato finale potrebbe dunque essere un incentivo tecnologicamente aggiornato, ma non così esteso come auspicato dal mondo produttivo.
Marco Belardi - Il Sole 24 Ore