03 maggio 2024

Omessi versamenti di ritenute e IVA: la rateazione evita la soglia penale

Diventano meno onerose le sanzioni conseguenti ai ritardi e agli omessi versamenti delle imposte. La riduzione riguarda sia le violazioni penali sia quelle tributarie. È quanto emerge dallo schema di decreto legislativo di riforma delle sanzioni (atto del Governo n. 144), attuativo della legge delega fiscale, attualmente ancora in attesa del parere delle commissioni Finanze e Giustizia del Senato.

Le sanzioni tributarie

Attualmente i ritardati e omessi versamenti delle imposte sono così sanzionati in misura ordinaria:

  • 30% di quanto non versato o versato in ritardo oltre i 90 giorni dall’ordinaria scadenza;
  • 15% per ritardi non superiori a 90 giorni;
  • 1% (1/15 della sanzione del 15%) per ogni giorno di ritardo fino al quindicesimo giorno.
  • In futuro, in base alla bozza del nuovo decreto, le sanzioni ordinarie saranno:
  • 25% di quanto non versato o versato in ritardo oltre i 90 giorni dall’ordinaria scadenza;
  • 12,5% per ritardi non superiori a 90 giorni;
  • 0,83% per ogni giorno di ritardo fino al quindicesimo giorno (le nuove norme non intervengono sul punto, lasciando inalterata la riduzione a 1/15 che quindi va riferita al 12,5% e non più al 15%).

Lo schema di decreto – nel testo attuale, ancora in attesa dell’ok definitivo del Governo – prevede l’applicazione delle nuove sanzioni ridotte agli illeciti commessi dal 30 aprile. E non modifica le attuali percentuali di abbattimento delle sanzioni in caso di ravvedimento operoso: percentuali che resteranno le medesime, ma riferite a sanzioni ridotte (25% anziché 30%, 12,5% anziché 15%, eccetera), sempre ovviamente avendo riguardo ai ritardi e alle omissioni commesse dal 30 aprile prossimo (non appena il decreto entrerà in vigore).

Le sanzioni penali

Attualmente i delitti di omesso versamento delle ritenute certificate (importi superiori a 150mila euro) e dell’Iva (importi superiori a 250mila euro) si consumano rispettivamente alla data di presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta relativa all’anno in cui sono avvenuti gli inadempienti e alla data della scadenza dell’acconto dell’Iva dell’anno successivo.

Esemplificando: per le ritenute non versate nel 2023, il reato si consuma (e quindi occorre verificare l’entità del debito) il 31 ottobre 2024, mentre per l’Iva non versata nel 2023 la data rilevante è il 27 dicembre 2024.

Le norme in arrivo posticipano tali scadenze di oltre un anno fissandole, per entrambi gli illeciti, al 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione delle relative dichiarazioni annuali (e quindi, nel nostro esempio, la scadenza sarà il 31 dicembre 2025).

Oltre al posticipo della scadenza, le nuove norme prevedono che i delitti di omesso versamento non sussistono allorché:

1) sia in corso la rateazione;

2) oppure, in caso di decadenza dalla rateazione, l’ammontare residuo del debito non sia superiore a 75mila euro per l’Iva e 50mila per le ritenute.

In entrambi i casi, tuttavia, non viene previsto in quale data debba essere in corso la rateazione e il debito residuo (conseguente alla decadenza dalla rateazione) debba essere inferiore a 75mila euro (per l’Iva) e a 50mila euro (per le ritenute). In assenza di specifiche previsioni, la data di riferimento potrebbe essere quella di consumazione del reato (31 dicembre dell’anno successivo alla presentazione della dichiarazione), anche se sussisterebbero non pochi dubbi applicativi. In tale ipotesi, infatti, potrebbe verificarsi la prima circostanza (istanza di rateazione entro il 31 dicembre) ma non avrebbe alcun senso l’altra (debito residuo inferiore a 75mila o 50mila euro per effetto della decadenza dalla rateazione).

Come detto, questi reati si consumano con l’omissione “sopra soglia” alla data di scadenza (31 dicembre). Ma se, per effetto della rateazione decaduta, il debito residuo risulta inferiore alla soglia di punibilità, il reato non sussiste.

Ne consegue che il contribuente con debito residuo al 31 dicembre, inferiore a 75mila e a 50mila euro, comunque non ha commesso alcun reato non avendo superato a quella data la “soglia generale” (250mila o 150mila euro).

In alternativa, si potrebbe ipotizzare che la verifica del debito residuo per effetto della decadenza dalla rateazione possa avvenire dopo la scadenza del 31 dicembre. Tuttavia (fermo restando che non vi è alcuna previsione in tal senso) sussisterebbe un evidente contrasto con l’articolo 13 del medesimo Dlgs 74/2000, in base al quale non si è puniti soltanto qualora sia stato integralmente estinto il debito tributario prima dell’apertura del dibattimento.

Peraltro, in questa ipotesi, vi sarebbe un analogo contrasto anche rispetto alla prima condizione (rateazione in corso): non avrebbe senso prevedere, da un lato, la non sussistenza del reato in presenza di rateazione (avviata dopo la scadenza del 31 dicembre) e, dall’altro, la non punibilità solo con l’integrale pagamento del debito prima del dibattimento.

Si spera che la rilevanza della questione porti a un chiarimento nell’iter per l’ok finale al decreto.

IlSole24Ore - Laura Ambrosi e Antonio Iorio