La legittimità di un finanziamento soci opponibile al Fisco richiede la regolarità formale delle delibere assembleari e delle scritture contabili, in tempi e modi coerenti con l’andamento finanziario del periodo. In assenza di giustificazioni da parte della società e/o dei soci, costituiscono elementi indiziari positivamente valutabili in relazione alla legittimità di accertamento anche induttivo puro:
Il difetto di delibera assembleare;
L’inadeguatezza della capacità finanziaria dei soci a supportare gli oneri finanziari delle erogazioni;
Le modalità in contanti delle corresponsioni.
Con questo principio, la Cassazione (ordinanza 16904/2025 depositata lo scorso giugno) ha ribadito un proprio orientamento oramai consolidato, che induce alla massima attenzione nei comportamenti da parte di imprese e consulenti.
I presupposti per l’accertamento
Nel caso esaminato dalla Suprema corte, i verificatori avevano ritenuto che i finanziamenti effettuati dai soci a favore della società – insieme ai versamenti in conto futuro aumento del capitale operati dagli stessi (complessivamente per un ammontare superiore a un milione di euro) – non fossero realmente avvenuti con risorse proprie dei soci, avendo questi dichiarato redditi non congrui rispetto alla capacità finanziaria manifestata con tali apporti. Se ne poteva dedurre che le operazioni costituissero uno strumento adottato dalla società per evitare la rilevazione di saldi negativi in cassa e/o banca, conseguenti all’omessa contabilizzazione dei ricavi, e che quindi si trattasse di apparenti operazioni di finanziamento.
Questa circostanza aveva indotto l’ufficio a considerare sussistenti i presupposti per l’accertamento induttivo. In base al secondo comma (lettera d) dell’articolo 39 del Dpr 600/1973, era stato quindi accertato un maggior reddito rideterminando i ricavi di periodo sulla base della redditività media del settore.
Le mancate giustificazioni
Le contestazioni esposte in giudizio della società erano state ritenute non meritevoli di accoglimento in entrambi i giudizi di merito. In particolare, la motivazione dei giudici di appello per avvalorare la correttezza dell’atto di accertamento (poi confermata dalla Cassazione) aveva sottolineato come, non avendo la società giustificato, anche in considerazione dei loro ammontare, «la provenienza delle somme risultanti dalla documentazione contabile e versate a titolo di finanziamento e di apporto di capitale di rischio, correttamente è stato fatto ricorso, in presenza di una contabilità formalmente regolare ma inattendibile, all’accertamento induttivo. Tutto ciò in mancanza di una prova liberatoria, il cui onere incombeva alla contribuente, volta ad evidenziare che i soci avessero tenuto conto di detti movimenti nella dichiarazione ovvero che gli stessi non si riferissero ad operazioni imponibili».
I parametri reddituali
Confermando tale sentenza, la Cassazione ha osservato che l’esiguità dei redditi dichiarati dai soci è elemento idoneo a legittimare il ricorso a una ricostruzione induttiva del risultato d’esercizio. Essendo indicativa di una capacità contributiva contrastante con la situazione reddituale dei soggetti coinvolti, è essa stessa elemento idoneo a far presumere l’esistenza di un risultato economico differente da quello dichiarato dalla società.
Nella fattispecie in esame, secondo la Corte, nessuna ricostruzione di tipo analitico poteva dirsi realizzata, per cui è da considerarsi corretto l’operato dell’ufficio che, nel rideterminare induttivamente il reddito di impresa a carico della società, è ricorso al criterio della redditività media del settore di appartenenza.
Il consolidarsi di questo orientamento comporta, come anticipato, che tanto le imprese quanto i consulenti debbano fare attenzione alla provenienza delle somme versate e alle modalità con cui si effettuano i finanziamenti/apporti, onde evitare che, risolvendo un problema contingente (la perdita di esercizio o, comunque, la necessità di risorse finanziarie), se ne apra un secondo a volte più grave di quello a cui si intendeva porre rimedio.
Gli orientamenti della giurisprudenza
Presunzione di fruttuosità. I finanziamenti soci si presumono fruttiferi salvo prova contraria. Ordinanza: 19697/2025; Sentenze: 27087/2014 e 11154/2010.
Versamenti in contanti e accertamento. I versamenti in contanti qualificati come finanziamenti soci, se privi di tracciabilità possono essere considerati un elemento a favore del Fisco. Sentenza: 19780/2020 Ordinanze: 16904/2025 e 1151/2022.
Opponibilità al Fisco. Serve documentazione formale (delibere, contabilità) per rendere il finanziamento opponibile al Fisco. Ordinanze: 16904/2025, 27366/2023, 1151/2022, 17322/2021 e 24746/2020.
Se i soci non dispongono di redditi adeguati rispetto ai finanziamenti l’accertamento è più semplice. Se i soci non dispongono di redditi congrui rispetto ai finanziamenti erogati, si presume l’esistenza di utili extracontabili; il finanziamento può essere considerato reimmissione di utili non dichiarati. Ordinanze: 16904/2025, 7739/2025, 27366/2023, 1151/2022, 17322/2021, 24746/2020 e 9412/2019.
Il confronto con il finanziamento bancario. Occorre valutare la convenienza gestionale e la ragionevolezza economica dei finanziamenti erogati dai soci rispetto al credito bancario. Ordinanze: 16904/2025, 9131/2025, 27366/2023, 1151/2022 e 24746/2020.
I finanziamenti non giustificati possono fare presumere ricavi occulti. La mera iscrizione in bilancio della posta passiva del finanziamento priva di riscontro effettivo può essere considerata indizio di occultamento di ricavi, legittimando così l’azione accertativa. Ordinanze: 26126/2024
Accertamento induttivo puro. In difetto di giustificazioni da parte della società e/o dei soci, costituiscono elementi indiziari positivamente valutabili in relazione alla legittimità di accertamento anche induttivo puro: il difetto di delibera assembleare, l’inadeguatezza della capacità finanziaria dei soci a supportare gli oneri finanziari delle erogazioni e le modalità in contanti delle corresponsioni. Ordinanza: 16904/2025.
Enunciazione di finanziamento già rinunciato – Nessuna imposta di registro. Nessuna imposta di registro se il finanziamento ha cessato i suoi effetti. Ordinanza: 15714/2024; Sentenze: 1960/2024,3841/2023 e 3839/2023.
Legittimo il finanziamento infruttifero erogato nell’interesse del gruppo. Sentenze: 3223/2025 e 7361/2024.
IlSole24Ore - Giorgio Gavelli e Renato Sebastianelli