Le Sezioni Unite: equivalenza dei presupposti tra detrazione e rimborso. Una sentenza che può porre fine a un nutrito contenzioso tra Fisco e imprese
Così come è ammessa la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta su lavori di ristrutturazione o manutenzione realizzati sull’immobile assunto in locazione – a condizione che vi sia un nesso di strumentalità con l’attività svolta dal locatario – in pari misura è ammesso il diritto al rimborso dell’imposta. Questo il principio affermato dalla sentenza n. 13162/2024 delle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, depositata ieri, che dovrebbe concludere un nutrito contenzioso tra imprese e agenzia delle Entrate.
Il rinvio e i precedenti
Con ordinanza n. 14975/2023, infatti, era stata ravvisata sul punto la presenza di opposti orientamenti nell’ambito della stessa Suprema Corte, con rimessione degli atti al primo Presidente affinché si giungesse a un punto fermo. Oggetto del contendere era un atto di recupero – con relative sanzioni al 30% - di un rimborso Iva ottenuto da una impresa individuale per lavori di ristrutturazione a fabbricati ed impianti situati su un terreno non detenuto in proprietà ma in godimento. Se non ci sono più dubbi (a seguito della sentenza n. 11533/2018 delle stesse Sezioni Unite) che in una situazione simile vi è il diritto della detrazione dell’Iva assolta sulle spese sostenute - purchè sia ravvisabile un nesso di strumentalità tra beni e attività svolta (anche se potenziale o in prospettiva) - l’Amministrazione finanziaria contestava che la fattispecie potesse originare il diritto al rimborso, trattandosi di ipotesi non prevista dall’articolo 30, terzo comma, lettera c), del Dpr 633/1972.
La Commissione regionale aveva ritenuto (in analogia a quanto affermato dalla Cassazione con la sentenza n. 215/2021) che sussistesse una sostanziale identità di presupposti ai fini del riconoscimento del diritto alla detrazione e del diritto al rimborso Iva, dovendosi unicamente volgere l’attenzione al carattere strumentale all’attività di impresa delle opere eseguite. Dello stesso avviso le pronunce 27813/2022, 36014/2021 e 2883/2022 (in quest’ultimo caso relativamente ad un bene assunto in leasing). Altre pronunce (24518/2020 e 24779/2015), invece, avevano ravvisato – nella stessa fattispecie - una differenza strutturale tra il diritto alla detrazione e il diritto al rimborso, derivante dalla natura eccezionale del ricorso a quest’ultimo istituto.
Le Sezioni Unite
Aderendo al primo orientamento, le Sezioni Unite affermano ora a chiare lettere l’equivalenza dei presupposti tra detrazione e rimborso dell’Iva, entrambi diritti volti a garantire il principio generale di “neutralità” che governa l’imposta sul valore aggiunto. Secondo una interpretazione “unionalmente orientata” – sostiene la Corte – l’articolo 30, terzo comma, del Decreto IVA deve essere inteso considerando per “acquisto” la disponibilità del bene e per “ammortizzabile” la sua durevolezza/utilità pluriennale, dando rilievo al concetto funzionale, questo sì imprescindibile, di “strumentalità” ai fini imprenditoriali del soggetto passivo. In particolare, va rimarcato che il concetto di “bene ammortizzabile” non può essere correttamente inteso - nel contesto giuridico dell’IVA - con riferimento alle previsioni normative in materia di imposte dirette, e nemmeno risultano dirimenti – ai fini ermeneutici - le disposizioni sul bilancio contenute nel codice civile ovvero i principi contabili. Nel caso di specie, pertanto, in cui il contribuente aveva effettuato opere su beni di terzi destinati, stabilmente, all’esercizio della sua attività imprenditoriale (agriturismo), negare il diritto al rimborso equivarrebbe a violare il principio generale di neutralità dell’IVA.
Gavelli Giorgio - Il Sole 24 Ore