L’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti circa la rinuncia a crediti derivanti da dividendi deliberati, operata da soci non esercenti attività d’impresa; in particolare in merito all’applicazione dell’articolo 88, comma 4- bis del TUIR e all’assoggettamento a ritenuta a titolo d’imposta di cui all’articolo 27 del DPR n.600/1973
È questo il perimetro d’interesse delineato dalla risposta ad interpello n.182, pubblicata martedì 8 luglio.
Il caso
L’istanza è avanzata da una società “ALFA” con soci persone fisiche, Tizio e Caio, che ha deliberato in assemblea la distribuzione di riserve di utili, di cui è stata effettuata un’erogazione parziale. In seguito, i soci hanno rinunciato formalmente, tramite PEC, al credito residuo derivante da utili deliberati ma non ancora percepiti.
Alla luce di quanto premesso, si chiede quale sia il trattamento fiscale da applicare alla rinuncia ai crediti da parte dei soci sopra descritta e se sussista l’obbligo o meno di operare la ritenuta d’imposta del 26% in qualità di sostituto.
Il parere dell’Agenzia
In prima battuta, riguardo al trattamento fiscale della rinuncia ai crediti da parte dei soci, l’Amministrazione Finanziaria richiama l’art.88, comma 4 bis del TUIR, il quale dispone che “la rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvivenza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale. A tal fine, il socio, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, comunica alla partecipazione tale valore; in assenza di tale comunicazione, il valore fiscale del credito è assunto pari a zero. Nei casi di operazioni di conversione del credito di partecipazioni si applicano le disposizioni dei periodi precedenti e il valore fiscale delle medesime partecipazioni viene assunto in un importo pari al valore fiscale del credito oggetto di conversione, al netto delle perdite sui crediti eventualmente deducibili per il creditore per effetto della conversione stessa”.
In tema di rinuncia di un diritto di credito, va rilevato che un soggetto, nel caso in esame i due soci dell’istante, può esercitare una rinuncia esclusivamente nei confronti di diritti di cui può disporre; pertanto, detta questione non è riferibile alla sussistenza di un eventuale salto di imposta che si potrebbe eventualmente verificare con la rinuncia del socio a un credito vantato nei confronti della società partecipata; al quale hanno posto rimedio le disposizioni gli articoli 88, comma 4 – bis e 94, comma 6 e 101, comma 7 del TUIR; ma verte sul momento in cui un componente reddituale, come i dividendi, diviene imponibile in capo al soggetto privato d’imposta; nel caso di specie i soci.
Nel caso in esame, i soci persone fisiche non esercenti attività di impresa rinunciano al credito verso l’istante il cui valore fiscale corrisponde al rispettivo valore nominale: un credito che non ha valore fiscale pari a zero ma che corrisponde, in capo ai soci persone fisiche non in regime d’impresa, al valore nominale dello stesso; secondo quanto disposto dalla Risoluzione n.124/E del 13 ottobre 2017 e dalla risposta ad interpello n.59/2025.
Quindi, quest’ultima circostanza assume rilievo dirimente per rilevare la differenza tra la fattispecie in esame e la sentenza della Corte di Cassazione n.16595/2023, in cui il credito oggetto della rinuncia deriva da un contratto di finanziamento negoziato fra la società e una consociata. La società mutante ha poi ceduto il credito residuo alla controllante e socio unico della mutuataria; quest’ultimo ha, in seguito, rinunciato a detto credito, sia per la parte in linea capitale, sia per gli interessi. Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione, dunque, la rinuncia del credito nei confronti della società avviene successivamente all’acquisto del medesimo credito da parte del socio/società rinunciante.
Pertanto, in relazione al quesito in oggetto si rappresenta che la rinuncia dei soci ai crediti per dividendi non si considera sopravvivenza attiva per l’istante medesima; ai sensi del citato comma 4 – bis del TUIR. Inoltre, considerato che i dividendi oggetto di rinuncia sono stati deliberati dall’Assemblea dei soci e che da questa delibera è sorto il diritto di credito dei soci alla distribuzione, si ritiene che detti dividendi siano da considerare giuridicamente incassati e, quindi, da assoggettare a ritenuta a titolo di imposta del 26% ai sensi del DPR n.600/1973.
Lucia Giampà - Fiscalfocus