19 ottobre 2023

Secondo acconto IRPEF a rate: per pochi e non su tutto

È d’uso comune la frase “per pochi, ma non per tutti” ma, riferendosi alla possibilità di versare il secondo acconto a rate, stando a quanto sino ad ora noto, più correttamente si dovrebbe dire “per pochi, e non su tutto”. La novità è contenuta nell’articolo 4 del D.L. fiscale collegato al disegno di legge di bilancio 2024, approvato in Consiglio dei ministri il 16 ottobre 2023.

Basandosi su quanto sino ad ora trapelato, il meccanismo di versamento degli acconti di novembre cambierà, ma solo per l’anno 2023 (non si tratta, quindi, di una modifica a regime) e avrà una portata limitata, sia in termini di contribuenti interessati, sia per quanto riguarda le somme che sarà possibile dilazionare nel tempo.

Oggetto dell’intervento è il rinvio del versamento della seconda rata di acconto delle imposte dirette, ed ecco perché “non per tutto”. Per espressa previsione normativa, infatti, il secondo acconto potrà essere frazionato solo per quanto riguarda le imposte dirette (IRPEF, imposte sostitutive dell’IRPEF – cedolare secca, imposta sostitutiva contribuenti in regime forfettario e di vantaggio, IVIE, IVAFE), ma i contributi previdenziali dovranno comunque essere versati entro il 30 novembre 2023.

Pertanto, un primo punto da focalizzare con la massima attenzione, al fine di pianificare correttamente i flussi finanziari, risiede nel fatto che i contributi INPS (contributi eccedenti il minimale per artigiani e commercianti, e INPS gestione separata) restano fermi alla scadenza canonica.

Ulteriormente, occorre indagare sui soggetti cui sarà consentito dilazionare il secondo acconto relativamente alle sole imposte, perché la misura è “per pochi”.

Basandosi sulla bozza del decreto ad oggi disponibile, la possibilità di frazionare il secondo acconto dovuto, per le sole imposte dirette:

·         è prevista solo per il periodo di imposta 2023;

·         esclusivamente a favore delle persone fisiche titolari di partita IVA, che nel periodo d’imposta precedente, ovvero nel 2022, hanno dichiarato ricavi o compensi di ammontare non superiore a 170.000 euro.

Da quanto sopra discende che la possibilità di dilazionare il secondo acconto imposte non riguarda:

·         le società, di qualsiasi tipo;

·         i soci (salvo che non si tratti di soggetti che, in aggiunta alla qualifica di socio, sono anche titolari di partita IVA individuale);

·         i “privati”, ovvero i non titolari di partita IVA.

La misura è pertanto rivolta esclusivamente alle persone fisiche titolari di partita IVA, e solo a condizione che gli stessi abbiano dichiarato nel 2022 ricavi o compensi di ammontare non superiore a centosettantamila euro, ricordando che, anche nel rispetto di queste condizioni, il versamento dei contributi INPS resta dovuto entro il 30 novembre 2023.

Da subito sorgono degli interrogativi: supponendo di trovarsi dinnanzi ad una ditta individuale che nel 2022 è rientrata nel summenzionato tetto di ricavi, laddove il contribuente non fosse più titolare di partita IVA alla data del 30 novembre 2023, ma debba comunque versare acconto IRPEF, potrà tale soggetto accedere alla dilazione? Medesimo interrogativo si pone nella situazione inversa: se il contribuente nel 2022 non era titolare di partita IVA (e quindi non ha conseguito ricavi o compensi), ma è titolare di partita IVA nel 2023, e deve versare acconti IRPEF, potrà questo soggetto frazionare il versamento? Allo stato attuale, il caso della “mancata continuità” della partita IVA non è contemperato dalla norma, e richiederà ulteriori chiarimenti.

Altro aspetto da chiarire è se, nel rispetto delle condizioni dettate dalla norma, possa essere frazionato anche il secondo ed unico acconto dovuto: dalla lettura della norma, parrebbe di no, ma questo è certamente il problema minore poiché, se trattasi di acconto unico, le somme in gioco sono irrisorie.

Veniamo ora al punto, ovvero come potranno essere dilazionate le somme rientranti nella misura, da parte di coloro i quali potranno accedervi. Il versamento del secondo acconto delle imposte dirette potrà avvenire:

·         in rata unica entro il 16 gennaio 2024, senza alcuna maggiorazione;

·         oppure in cinque rate mensili di pari importo, a decorrere dal 16 gennaio 2024. Ogni rata scadrà il 16 del mese. In caso di pagamento rateale, però, sono dovuti gli interessi di cui all’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. In sostanza, si tratta di un tasso di interesse del 4% annuo, così come stabilito dall’articolo 5, comma 1 del decreto 21 maggio 2009.

In conclusione, la misura adottata, per come ora formulata, appare di portata ben più ridotta rispetto alle previsioni. Vi è tuttavia da dire che i contribuenti che vi rientrano potranno godere di un maggior tempo per effettuare valutazioni più precise sugli acconti dovuti, potendo quindi meglio ponderare l’eventuale ricalcolo delle somme da versare, adottando il criterio previsionale.

Fiscal Focus - Sandra Pennacini