La valutazione del merito di credito, ovvero la capacità di un soggetto di adempiere regolarmente a quanto previsto da un contratto di finanziamento in termini di rimborso del capitale e corresponsione degli interessi, è una delle fasi più delicate dell’attività bancaria. Malgrado la normativa bancaria tenda a disciplinare in dettaglio ogni aspetto, riguardo al merito di credito si limita a delineare i principi di riferimento lasciando alle banche la definizione del concreto modello valutativo all’interno dei loro manuali di credito.
Vi sono tuttavia alcuni punti fermi, stabiliti dagli orientamenti Eba in materia di concessione e monitoraggio dei finanziamenti (“linee guida Lom”), che vanno rispettati. Le banche sono infatti chiamate ad acquisire tutta la documentazione necessaria per effettuare un’adeguata valutazione del merito di credito, sotto il profilo patrimoniale e reddituale, e per una corretta remunerazione del rischio assunto. Ciò sottende l’analisi:
· della posizione finanziaria del cliente;
· del suo modello di business e della strategia aziendale;
· delle eventuali garanzie (personali o reali) che assistono il finanziamento;
· nonché di sensibilità nella valutazione del merito di credito (quest’ultima limitata alle imprese di medie e grandi dimensioni).
La posizione finanziaria
In tale contesto va sottolineato come l’analisi della posizione finanziaria del soggetto richiedente risulti assolutamente centrale nella valutazione effettuata dalle banche. Essa deve riguardare il risultato netto di gestione e la redditività, il livello della leva finanziaria, il profilo dell’esposizione e la probabilità di default.
Tali driver vanno esaminati con riguardo sia alla situazione riferita al momento della richiesta del finanziamento, desumibile dai bilanci e dalla centrale rischi, sia a quella prospettica. D’altronde, tenuto conto che l’obiettivo della valutazione del merito di credito è un giudizio prognostico sulla capacità di adempiere in futuro alle previsioni del contratto di finanziamento, le previsioni economiche hanno, necessariamente, un peso assolutamente preminente nella scelta se finanziare (o meno) il soggetto richiedente. In altri termini, una buona situazione di partenza è una condizione necessaria ma non sufficiente per affermare la bancabilità dell’impresa.
Pianificazione e strategie
L’impresa è quindi chiamata a prestare particolare attenzione alla pianificazione economico-finanziaria e deve fornire alle banche un business plan con tutte le informazioni utili a permettere la valutazione del proprio merito di credito in ottica presente e futura.
Il business plan è quindi un documento che, partendo da ipotesi di sviluppo che siano ragionevoli (basate anche sul modello di business, gli aspetti inerenti i fattori Esg, e sulla strategia aziendale), dovrà rappresentare la posizione finanziaria attuale e prospettica che dia elementi di tranquillità sul prevedibile regolare adempimento del contratto di finanziamento. In altri termini, non è sufficiente fornire alla banca uno stato patrimoniale e un conto economico previsionale: il documento dovrà contenere anche una parte descrittiva degli obiettivi che si è dato l’imprenditore e delle azioni che verranno poste in essere per perseguirli, in modo da ridurre le asimmetrie informative tra il soggetto finanziato e quello finanziatore.
In sostanza, si dovranno riportare gli obiettivi strategici che l’impresa si è data e che dovranno essere riflessi nelle previsioni contenute nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto finanziario previsionali, in modo da consentire alla banca di analizzare la posizione finanziaria attuale e prevista, compresi, ad esempio, la struttura patrimoniale, il capitale circolante, il reddito, il flusso di cassa e la fonte della capacità di rimborso per adempiere gli obblighi contrattuali, nonché la capacità di generare flussi al servizio del debito (il Dscr, debt service coverage ratio), anche in caso di possibili eventi sfavorevoli futuri (anche attraverso una analisi di sensibilità).
Riccardo Andriolo - Il Sole 24Ore